CEGLIE MESSAPICA – Riceviamo e pubblichiamo nota a firma di Isabella Vitale, consigliera comunale di “Radici d’Impegno”, con alcune valutazioni su fatti di attualità nazionali e locali.
Lo ammetto inizio a sentirmi un po’ ridicola in questa estate cegliese in cui tutto è finalizzato alla gloria di una presentazione di un libro, alle poesie, a immagini incollate sui muri, a cose realizzate non a regola d’arte che diventano bandiera di orgoglio comunale, finanche a istituire un premio che premia i cegliesi trasferiti e non, mettendo insieme professori universitari e persone umili che magari non riusciranno neanche a dire mezza parola al microfono e se la dicono potranno essere anche oggetto di ilarità.
Qualcuno pensa che dovrei fare un dietro-front, ed essere collaborativa con la maggioranza che governa la città, ma mi dispiace per la cittadinanza cegliese, mi dispiace ma io non indietreggio, non mi fermo e non mi smuovo dalle mie posizioni e non perché io sia una cretina che non cambia idea, come qualcuno un giorno ha voluto anche sottolineare in un post su Facebook, ma semplicemente perché ritengo che allontanarsi dai valori – innanzitutto quelli costituzionali – è una decisione che fa perdere tutti. Perché quando si perdono i valori il risultato colpisce chiunque. Quando accadono delle risse non è detto che mia figlia o mio figlio non venga coinvolto. Può essere che una sera in una di quelle risse ci finisca mio figlio, mia figlia. Se quando vado al Pronto Soccorso lo Stato/la Regione non mi garantisce un medico capace, può essere che dal Pronto Soccorso esco morta, può essere che mi muore un parente, può essere che mi muore una figlia.
Ecco perché è importante prendere posizione sulle questioni che – volenti o nolenti – ci coinvolgono, perché viviamo in una collettività. Ecco perché è importante rispettare le regole che devono essere uguali per tutti, perché la presenza di una regola uguale per tutti garantisce tutti e non c’è il furbetto che arriva prima, non c’è l’amico, non c’è niente. E invece così non è. In questi giorni tutti abbiamo letto sui giornali cosa sta accadendo alle nostre giovani generazioni, ho anche letto tantissimi post di genitori – di mamme e di papà – preoccupati per i loro figli, ma quando gli poni la domanda “che cosa c’è da fare” la risposta è sempre un delegare e soprattutto la richiesta è pene più severe. Nessuno parla di una cosa semplice: educazione e prevenzione. Nessuno mai inizia da sé, che cosa deve cambiare nel mondo in cui vive, perché è difficile prendere posizione, perché si teme di essere derisi o di essere vittima di ulteriore violenza, perché ti devi mettere contro qualcun*, perché si rischia di essere attaccati. Ho aspettato qualche giorno prima di rilasciare queste dichiarazioni perché speravo che la nostra Assessora alle Pari Opportunità o la Commissione Pari Opportunità prendesse posizione – anche con un piccolo post – su quello che sta accadendo: sullo stupro di Palermo, sulle infinite notizie di femminicidio, sulla volgarità delle immagini che sono state affisse nel centro storico e che qualcun* continua imperterrito a difendere, ma finanche sul titolo della manifestazione politica che si terrà tra qualche giorno. Ceglie, che è da 20 giorni sui giornali nazionali, avrà una manifestazione che si intitola “Meloni d’autunno”.
La Presidente Meloni – che non ho avuto l’onore di conoscerla, non so se è felice che il suo cognome venga utilizzato in maniera così, lasciatemelo dire, sessista però può essere che a lei non importi nulla o peggio ancora può essere che lei non lo trovi neanche sessista, d’altronde ha difficoltà con il fascismo, figuriamoci con le questioni di genere. E quindi anche qui stiamo discutendo del nulla, ma questo non mi impedisce – ripeto – di prendere posizione, di sottolineare che ci sono queste tematiche che più le si lascia correre e più danni avremo nella collettività. Quei sette ragazzi che pensano di poter fare quello che vogliono con una ragazza sono il risultato di questa collettività. Che poi deve esserci un sistema giudiziario capace, che bisogna tenerli in carcere, non farli uscire e fargli fare un percorso di recupero è tutto previsto dalle leggi, la stessa Costituzione prevede che il reo deve essere riabilitato, nessuno vuole che un uomo muoia in carcere, tranne ovviamente quando si rende artefice di reati gravissimi, però non possiamo fare sempre due pesi e due misure, dobbiamo anche capire da che parte stare, come starci.
Ed ecco che appunto mi prende lo sconforto perché hanno ragione le donne di Palermo a scrivere “Lo stupratore non è un malato, è il figlio sano del patriarcato”, perché tutto nasce e cresce nelle famiglie e la famiglia italiana, quella tanto sostenuta, tutelata da questo Governo (che poi sono tutti separati, divorziati e conviventi, per non aggiungere altro) se produce questi risultati una domanda se la deve fare. Alla fine questa tanto declamata famiglia tradizionale forse non ha prodotto grandi risultati. Lo stupro di Palermo lascia sgomenti e allibiti non solo per la brutalità con cui è stato compiuto, ma anche la normalità con cui è stato giustificato dai responsabili nelle intercettazioni. I ragazzi non sentivano la gravità della loro condotta. Di fronte a un fatto tanto grave, i media avrebbero dovuto anzitutto tutelare la vittima, che invece è stata data in pasto all’opinione pubblica, inondata dai dettagli macabri e raccapriccianti di questa vicenda. Le maggiori testate giornalistiche italiane non hanno quindi affrontato ancora una volta in maniera seria il tema della violenza maschile.
Hanno preferito dare spazio a chi propone soluzioni populiste come la castrazione chimica, che risulta per altro inefficace sia sotto il profilo sociale ma anche più strettamente medico. E basta leggere i moltissimi commenti sui social, di quanti hanno chiesto finanche la castrazione fisica, e quindi di quanta violenza verbale emerge da queste dichiarazioni. Qualcuno si è chiesto come mai 7 ragazzi nel 2023 hanno pensieri simili? Quali sono stati gli esempi che hanno ricevuto? La violenza della cultura maschilista e patriarcale non ha nulla a che vedere col desiderio di sesso, ma tutto con la volontà di potere e controllo dell’uomo sulla donna e nel 2023 la cultura predominante è ancora questa. Lo stupro è solo la punta dell’iceberg di questa volontà di dominio, che è fatta di violenze quotidiane impercettibili, non rilevabili e normalizzate di cui le donne sono costantemente vittima, dalle battute sessiste alle molestie per strada e nei luoghi pubblici. La lotta alla violenza maschile è una responsabilità collettiva.
Io mi aspetto che le Istituzioni nazionali intervengano attuando misure volte a prevenire e a risolvere il fenomeno della violenza maschile ma che le misure vengano realmente applicate, soprattutto quelle di prevenzione, dai primi giorni in cui le donne hanno il coraggio di denunciare, ma nel contempo è fondamentale l’impegno di tutti per contrastare tutte le forme di violenza, ad iniziare dai titoli di una manifestazione politica, dalle immagini che si scelgono, dalla rappresentazione scenografica di una rissa. Ad iniziare da dove si vive. Altrimenti, sarebbe auspicabile a questo punto tornare a scambiarsi un gesto di pace, incentivandolo.
In copertina immagini di Giorgia Meloni con due meloni, fonte: suo profilo Tik Tok